A margine delle ultime elezioni europee
La paura della guerra provoca effetti impensabili. Un stella della galassia bordighista, alla vigilia delle elezioni europee, ha lanciato un incitamento al voto contro la guerra. In questo incitamento si legge: “Votando contro la guerra impediremo loro di spacciarsi per “democratici”, impediremo loro di addossare alla nostra “indifferenza” le loro responsabilità!!”. Proprio la paura della guerra ha fatto sì che il gruppo autore dell’incitamento abbia ritenuto necessario usare ogni mezzo contro di essa, perfino l’elettoralismo. Peccato che questo vada contro la tattica della Sinistra comunista. Ecco come si esprime Amadeo Bordiga, presentando la mozione della frazione comunista astensionista, al XVI congresso del Partito Socialista (1920): “Occorre quindi fare entrare nella massa la visione di questo nuovo metodo che ha contro di sé tutta la propaganda borghese, tutto l’avvelenamento fatto fra noi dal metodo democratico e parlamentare, dedicare tutte le nostre forze al debellamento di questo istituto parlamentare della odierna borghesia, sottrarre oggi all’inganno la coscienza dei proletari per domani condurli all’assalto delle difese borghesi.”
La paura della guerra ha avuto un peso decisivo anche nella vicenda di Michele Santoro e della sua lista. Il giornalista, nell’aprile 2023, lancia un appello dal titolo altisonante “Fermare la guerra, imporre la pace” a cui danno immediata adesione personalità di spicco della cultura, della politica, della diplomazia e, come viene messo in evidenza nel testo di accompagnamento, del mondo cattolico. L’appello giunge all’indomani del primo anniversario dell’invasione russa in Ucraina, che ha visto numerose iniziative contro la guerra nelle città italiane. Queste iniziative avevano collegato su un obiettivo comune i vari spezzoni di movimento antimilitarista che si stava formando.
Di tutto questo nell’appello di Santoro non c’è niente, non c’è un obiettivo concreto per fermare la guerra e la partecipazione del governo italiano alla guerra. Ci si limita ad un generico appello “per esigere da tutte le parti un immediato cessate il fuoco e l’avvio di trattative di pace senza pregiudizi”.
Come era prevedibile, l’appello di Santoro si trasforma in una lista elettorale per il parlamento europeo; leggendo il programma della lista, non si trova nulla degli obiettivi su cui si è mosso il movimento antimilitarista: dall’opposizione a nuove basi alla lotta contro la produzione e il traffico di armi, fino al contrasto alla penetrazione dell’ideologia militarista nelle scuole. La ciliegina sulla torta l’ha comunque messa Michele Santoro in persona che, in un’intervista concessa pochi giorni prima delle elezioni, afferma che “in questo momento la Nato è necessaria”.
La paura della guerra ha spinto “Potere al popolo!” a tentare di salire sul carro di Santoro. Ci risuonano ancora nelle orecchie i pressanti inviti degli esponenti di PaP, all’interno degli organismi di base che si oppongono alla guerra, a partecipare agli eventi promossi da “Fermare la guerra, imporre la pace”, a cui le scadenze di movimento dovevano adeguarsi.
L’attuale gruppo dirigente di PaP ha emesso un comunicato alla vigilia delle elezioni europee in cui ha riconosciuto l’impossibilità di presentare un lista che rappresentasse “un fronte ampio di opposizione alla guerra e alle politiche belliciste del Governo Draghi prima e Meloni poi”. Le interlocuzioni avute con la lista Santoro si sono rivelate alla fine fallimentari, ed hanno portato se non al dissolvimento, alla messa in sospensione del cartello elettorale di Unione Popolare. Alla fine “Potere al Popolo!” non ha partecipato alla competizione elettorale.
Quali sarebbero quindi i candidati pacifisti per cui si sarebbe dovuto votare? Quali garanzie abbiamo che i pacifisti del 2024 non compiano le stesse capriole di quelli del 1914, finendo poi per votare le misure belliciste?
Sarebbe il caso che chi è rimasto infatuato dalla propaganda elettoralista, e che nelle settimane precedenti il voto ci ha ammonito sul rischio di consegnare il paese, la nazione o chissà cos’altro ad un futuro peggiore se non si andava a votare, si facesse un bell’esame di coscienza.
In realtà è proprio la partecipazione al voto che imbriglia tanti potenziali militanti rivoluzionari in un gioco di schermaglie e compromessi più o meno vergognosi, di polemiche e ripicche con altri candidati o con altre forze che lascerà uno strascico velenoso.
Forse proprio questi giochetti di “alta politica” sono quelli che disgustano le masse che ci hanno dato un’indicazione precisa: le istituzioni non hanno più credibilità, e chi pensa alla lunga marcia al loro interno partecipa dello stesso discredito.
T.A.